Raffaello Roncioni was born in Ranieri in the middle of the sixteenth century. In his Delle Istorie pisane from 1592 to 1606, Roncioni tells the story of Pisa. For our concerns, it is important that he writes about the founding of the Camposanto. He describes how the holy earth got to Pisa thanks to Archbishop Ubaldo and how in the year 1200 the Camposanto was built. He also writes about the building and decoration of the Camposanto. This second part is quite extensive although the description is not very detailed. Roncioni is in full admiration of the building and mentions the use of marble. He takes the local context of the Camposanto into consideration and also writes about how the building was left uncompleted for a long time because Pisa was going through difficult times.

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Edition: Raffaello Roncioni, Delle Istorie Pisane Libri XVI, ed. Francesco Bonaini, Archivio storico italiano, 6.1 (Florenz: Vieusseux, 1844), 453-454.

 

Foundation of the Camposanto

Libro VIII. Dall’anno 1174 al 1198

“In questo medesimo anno [sc. 1200] (come vogliono molti annali di questa città) fu fondato il Camposanto; detto così, per esservi di molta terra santa sparsa per tutto: la quale fu portata dai Pisani, con grande spesa d’oltramare, al tempo del arcivescovo Ubaldo.”

Book VIII. From the year 1174 to 1198

In the same year [sc. 1200] (as many records of this city say) the Camposanto was founded; large quantities of the sacred earth were spread all over the square: this was transported across the sea at great expense by the Pisans in the time of Archbishop Ubaldo.

Building and Decoration of the Camposanto

Libro XI. Dall’anno 1277 al 1288

“[1277] Doppo la guerra civile, Serenissimo Signore, la sua travagliata ma gran città di Pisa avendo otttenuto la pace, non si dette all’ozio (ottimo maestro delle scelleraggini), ma alla fatica, che ai buoni è dolce e soave. E per il passato risplendendo ella, come una delle stelle maggiori nell’aperto cielo tra le minori, fra l’altre città del mondo, per le tre maravigliose sacre fabbriche sue; volse in questi tempi adornarsi d’una che superò tutte l’ altre: e fu quest’ultima opera sua il Camposanto;

luogo così celebre e raro, che io vado dubitando non gli tôrre della sua bellezza e vaghezza con questa mia poco tersa e malpolita penna. Ma avendo io fatto menzione particolare del duomo, del Sangiovanni e del campanile, ai luoghi loro; d’imprudenza e di negligenza sarei accusato, se di tanta fabbrica io lassassi la sua descrizione. Nel qual vizio non volendo cadere, o bene o male che io la dimostri, primieramente a Vostra Altezza Serenissima e poscia al prudente lettore, doveranno di me contentarsi; poichè io ho usato quella maggior diligenza che ho potuto in queste mie istorie, e mi sono ingegnato di pervenire con le mie fatiche a quel segno che ciascuno che scrive brama e desidera: alla quale se io in qualche parte sono arrivato, Ella ch’è prudentissima e sapientissima, e coloro che leggeranno l’opera mia, ne daranno il giudicio. Fu adunque dai Pisani questo gran cimitero cominciato perfino al tempo dell’arcivescovo Ubaldo Lanfranchi;

come di sopra da noi s’è raccontato: ma per le gran guerre che perturbavano lo stato della repubblica, fu per molti anni intermessa questa opera pia, e seguitata in questi tempi. E perché di sotto dirò i nomi di quelli che risedevano nel governo spirituale e temporale, e l’anno che fu fatta; me ne verrò alla sua descrizione, osservando tutto quello che io ho fatto nell’altre cose.

È situata questa fabbrica dietro alla chiesa maggiore per la lunghezza della sua piazza, e volta a settentrione colla faccia che s’accosta alle mura di Pisa; ma con quella per dove ha l’entrata, a mezzogiorno. Ella è tutta, di fuora e di dentro, i suoi colonnati e pavimento, di marmi bianchi coperta, cavati dai vicini monti: cosa rarissima e vaga agli occhi dei riguardanti.

Trovasi la sua lunghezza, per di dentro, a misura di braccia dugento quindici; e la sua larghezza, braccia settantadue: e per di fuora, computandovi la grossezza delle muraglie, braccia dugentoventi; e per il largo, braccia settantasette. L’ordine delle finestre (compartite vagamente da colonnelle di marmi, con vaghi lavori attorno) che sono settantotto, e rinchiudono in un certo modo la terra santa; è composto tutto di bianco marmo, con un numero infinito, sopra a dette finestre, di forme di visi variati; tanto dissimili, che, oggi e per il passato, si usa e si è usato questo trito proverbio tra noi altrt: Io non ho paura di visi scontrafatti, avendo veduto quelli del Camposanto. Dentro a quest’ordine è posta la terra santa, e intorno a quella sessantotto sepolture di rilievo bellissime; che sono tante tombe di marmo, dalle quali hanno cavato e cavano i pittori e scultori di molte cose per abbellire l’opere loro. Dell’altre sepolture, sebbene arrivano poco meno che al numero di settecento, io ne dirò poche parole; e solamente, che si veggono collocate nel suo pavimento di marmo; e poche famiglie si ritrovano in Pisa, che non abbino quivi la sepoltura loro. Intorno a detto cimitero, per di dentro, vi sono molti sepolcri alti dal terreno, dove sono doppo la lor morte state messe (o meglio le memorie loro) diverse persone dottissime: e vive oggidì ancora al mondo, per mezzo di loro scritti, il nome loro. E le principali sono queste: […].
Questo maraviglioso luogo, per più adornezza, è tutto dipinto di varie figure, fatte da eccellentissimi pittori. Da una banda si dimostra il Testamento vecchio, dalla creazione del mondo insino al tempo che la regina Saba andò a visitare il re Salomone. E questa facciata di muraglia, che contiene in sè dimolte cose, fu dipinta da due pittori: la creazione del mondo, lo scacciamento dei primi nostri padri, la morte del giustissimo Abel e la fattura dell’arca, sono opere di Simone di Siena; che fu al tempo di Petrarca, e gli dipinse la sua tanto celebrata Laura. […]. Nell’altra facciata poi, si dimostra la vita del pazientissimo Giobbe, per mano di Cimabue fiorentino. La vita poi di san Rinieri pisano, di santo Efiso e Potito, dei Santi Padri nelle solitudini d’Egitto, la resurrezione dei morti, e finalmente il giudizio universale, non sapendo io qual pittore vi si sia affaticato dentro, le passerò tutte con silenzio; e con dire, che, per più sua magnificenza, questo sacro luogo è coperto di lame di piombo, porrò fine alla sua descrizione: restandomi solamente a dire l’anno della sua edificazione, che fu del MCCLXXVIII; sedendo nella sedia pontificale di Roma Niccolò III di questo nome; e nella pisana, Federigo; nell’imperiale di occidente, Ridolfo d’Austria; e potestà di Pisa, Tarlato Tarlati aretino.” (587-590).

Book XI. From the year 1277 to 1288

After the civil war, illustrious lords, the tormented but great city of Pisa had found peace. This is not to say in idleness (the best master of the sacrilegious), but in work, which is sweet and gentle for good men. And through the past it shone out among the other cities of the world like one of the greatest stars in the open sky among the smaller ones, through the three marvelous sacred buildings. She has adorned herself in these times with one that surpasses all others. This is her last work, the Camposanto.

A place so famous and rare that I doubt I will not rob it of its beauty and vagueness with my unpolished pen. Since I have mentioned the Cathedral, San Giovanni and the Bell Tower in their places, I would be accused of imprudence and carelessness if I omitted to describe such a structure. Since I do not want to commit this sin, whether I present it well or badly, first your serene highness and then the wise reader must be satisfied with me. For I have applied as much diligence as I could in my story and have endeavored to attain that goal which everyone who writes longs for and desires. If I have achieved this in any part, then you, who are the brightest and the wisest, and those who read my work, will give their judgment. The Pisans had begun the construction of the building, in fact in the time of Archbishop Ubaldo.

 

As said by us above: due to the great wars that disturbed the state of the Republic, this pious work was interrupted for many years and continued in these times. And because I want to mention below the names of those who sat in the ecclesiastical and secular government and the year in which it was made, I will now come to their description and observe everything as I did with the other things.

This building is located behind the main church, on the long side of its square, and faces north towards the city walls of Pisa but where the entrance faces south. The colonnades and the floor are covered externally and internally with white marble obtained from nearby mountains. A thing very rare and charming in the eyes of those who see it.

 

Its length is 215 armlengths inside and 72 armlengths wide. Outside, it is 220 armlengths long with the thickness of the wall considered together and 77 armlengths wide. There are marble columns arranged around the windows, which are 78 in number, enclosing the holy earth in a certain way. Everything is made of white marble, and above the windows there is an infinite number of shapes of different faces; these are so dissimilar in design that a trite saying is used and has been used among the rest of us: I am not afraid of collapsed faces after seeing those of the Camposanto. The holy earth is placed inside this order, around which there are 68 graves that are beautifully carved. These are tombs made of marble, painters and sculptors have excavated and quarried many things to embellish their works. Of the other tombs, although they amount to a little less than seven hundred, I will say a few words and only of those that are found in the marble floor. And few families can be found in Pisa that do not have their grave there. Inside this cemetery, in the center, there are many graves of many highly respected people deep in the earth, where they were transferred after death, or the memory of it. And still today, they live in the world through their writings and their names. The most important of them are: […]

For more decoration, this marvelous place is painted with various pictures by the most excellent painters. In one corridor, you can see the Old Testament, from the Creation of the World to the time of the visit of the Queen of Sheba to King Solomon. This facade, which contains many things, was painted by two painters. The Creation, the expulsion of our first fathers, the death of the righteous Abel and the Building of the Ark are the works of Simon of Siena, which was done at the time of Petrarch, and he painted Petrarch’s much-celebrated Laura for him. […].

The other facade, which shows the life of the patient Job, is by the hand of the Florentine Cimabue. The life of St. Ranieri of Pisa, saints Efiso and Potito, the Holy Fathers in solitude in Egypt, the Resurrection of the Dead and finally the Last Judgment, not knowing who painted them, I will pass them in silence. In saying that this building gains even more splendor with its roof of lead, I will end my description. It only remains to say that it was built in 1278. On the papal chair in Rome sat Niccolò III, of that name, and in Pisa, Federigo. The emperor in the West was Rudolf of Habsburg and the ruler in Pisa was Tarlato Tarlati from Arezzo.