L’influenza della cultura e dell’identità basca nelle opere di Dolores Redondo

Chiara Petra Canu

Università degli Studi di Sassari

Abstract: «Everything that has a name exists» (Barandiaran 2012: 16) with this popular belief of Baztán, the Basque author Dolores Redondo begins the final book of The Baztan Trilogy, composed of The invisible guardianIl guardiano invisibile’, The legacy of the bones Inciso nelle ossa’ and Offering to the StormOfferta alla tormenta’. Reading this quote, one wonders if and how everything that has a name exists. This paper will attempt to explore the relationship between Redondo’s cultural and linguistic identity and her works and how much it has influenced the dissemination of her literature. Dolores Redondo’s novels are set in the famous region of Navarre, which is both the physical space of the narrative, and an anthropological space that contains traditions, culture, language, and mythology. Thus, the place not only be­comes the protagonist of the narrative, but, above all, provides important information about its own cultural identity. These three novels allow the read­er to discover the stories of the characters and, most important­ly, the culture and traditions in which they are immersed.
cc
Keywords: Cultural Identity; Basque Mythology; Linguistic Identity; The Baztan Trilogy; Dolores Redondo

1 Il fenomeno letterario

«La mujer que situó al Baztán en el mundo» (Rucabado: 2014). È questo il titolo dell’articolo che El mundo dedica alla scrittrice Dolores Redondo. L’autrice basca, infatti, è riuscita a portare sotto gli occhi di milioni di persone quello che per lei era il suo ambiente familiare, la sua casa, il suo spazio: i Paesi Baschi. La Trilogía del Baztán ha affascinato i lettori di tutto il mondo, arrivando ad essere tradotta in 32 lingue e a conquistare l’attenzione del gigante Netflix, che ne ha comprato i diritti per svilupparne tre film.

È il caso di dire, quindi, che «con esta obra la mitología vasca trasciende fronteras» (Rucabado: 2014). Supera le frontiere geografiche, ma anche quelle letterarie, diventando un fenomeno sotto numerosi punti di vista.

In questo lavoro si analizzeranno, brevemente, alcuni degli elementi che caratterizzano in maniera imprescindibile quest’opera.

Nei romanzi la presenza della cultura basca è continua e, soprattutto, coinvolgente. Partendo dai luoghi, fino ad arrivare al cibo tipico è interessante notare come ci si senta parte del mondo che viene raccontato, come dice Fuentes (2015: 3): «Dolores Redondo utiliza con habilidad el patrimonio mitológico de Euskadi y Navarra y consigue que el lector termine familiarizándose con algunas de sus criaturas, convertidas en personajes que inter­­vienen en el desarrollo de la historia».

La storia di Amaia Salazar – la protagonista – si sviluppa nella Navarra, che possiamo definire culla e cuore dei Paesi Baschi grazie alle parole della stessa Redondo in un’intervista online:

lo primero que tengo que separar es el concepto Navarra y País Vasco y también juntarlos porque el origen de los vascos se sitúa en Navarra y se sitúa en el lugar donde yo pongo la novela y empezó el pueblo vascón, que es que dio origen [sic] al pueblo vasco pero que entonces no se cernía a las fronteras actuales, ocupaba parte de la actual Navarra, parte del sur de Francia y parte de lo que hoy es el País Vasco. (Biblioteca Nacional Mariano Moreno 2017)

Amaia si muove tra posti diversi, tornando sempre a quello che è il suo punto di riferimento: Elizondo, nome in euskera che significa letteralmente «junto – ondo – a la iglesia – eliza –» (Del Castillo 2014: 20). Questa scelta letteraria ha influenzato in qualche modo l’intera comunità poiché, dopo il successo della Trilogía i luoghi di Amaia sono diventati meta ambita del settore turistico.

La literatura siempre ha sido un poderoso medio de transporte y la Trilogía de Baztán de Dolores Redondo es una muestra más de ello. A raíz de que la gran cantidad de lectores de la trilogía se han creado rutas turísticas literarias basadas en los lugares más emblemáticos que se describen en dichos libros. (Alcaraz & Giannangeli 2019: 42-43)

Quindi, come la letteratura di Redondo viene influenzata dalla zona geografica allo stesso modo la zona geografica viene influenzata dalla letteratura, diventando così meta di viaggi culturali e acquisendo, di conseguenza, un maggior rilievo a livello turistico.

2 La cultura e la lingua basca come cardine tra identità, letteratura e storia

È interessante concentrare l’attenzione sul fatto che portare la cultura basca fuori dal proprio confine non è una cosa così facile come potrebbe sembrare. Il popolo basco, infatti, si è da sempre contraddistinto per la sua indole indipendentista, anche dal punto di vista linguistico. La definizione più significativa del popolo basco è proprio quella che esso dà di sé stesso, designandosi come Eskualdunak, cioè «coloro che possiedono l’eskuara (la lingua basca)». Similmente il paese è chiamato «eskualherri» che vuol dire: «paese di lingua basca» (Caianiello & Cam 1995: 15).

A questo proposito, è utile evidenziare come l’euskera venga utilizzato nei romanzi e svolga il proprio ruolo dentro il lessico familiare e culturale. I termini del repertorio familiare castigliani – mamá, papá, abuela – vengono sostituiti con quelli in euskera: aita, ama, amatxi per sottolineare l’appartenenza alla propria cultura e l’attaccamento alle origini. Uno dei messaggi principali della Trilogía è, infatti, l’importanza del ritorno al passato, a tutto ciò che riguarda la storia di sé e del luogo da cui si proviene.

Non è solo la lingua basca a fare da ponte culturale, ma particolare attenzione va dedicata anche a ciò che riguarda la cucina e il cibo locale. Il primo esempio è sicuramente il txantxigorri: «—Es un txantxigorri – intervino Amaia —. Es un pastel típico de esta zona […]. Manteca, harina, huevos, azúcar, levadura y chicharrones fritos para hacer una torta, una receta ancestral» (Redondo 2013a: 17).

Il dolce interviene in maniera prepotente all’interno della trama poiché viene posizionato dall’assassino sulle proprie vittime ed è, inoltre, legato all’azienda Mantecadas Salazar della famiglia di Amaia.

L’elemento culturale gastronomico appare anche nel momento in cui si citano determinati prodotti come il liquore tipico patxaran (Redondo 2013b: 93), il Chivite rosado, vino caratteristico della zona della Navarra, gli spaghetti con i funghi, alimento usuale nelle zone boschive (Redondo 2013a: 36).

È interessante, inoltre, il ruolo che viene dato alla noce. All’interno della trilogia, questo piccolo frutto secco viene citato diverse volte:

—¿Nueces? ¿Qué significado tiene eso? — preguntó, pensando en el solitario fruto que Flora había colocado sobre la tumba de Anne Arbizu.

La nuez simboliza el poder de la belagile. En su pequeño cerebro interior, la bruja concentra su deseo maléfico. Si se la da a un niño y éste se la come, enfermará gravemente. (Redondo 2013b: 376)

Una última pregunta, ¿significan para usted algo las nueces?
El gesto del hombre se heló en su cara y comenzó a temblar visiblemente mientras su rostro se arrugaba y rompía a llorar.[…]

—Simbolizan el poder. La nuez porta la maldición de la bruja o el brujo dentro de su pequeño cerebro, significa que eres su objetivo, que viene a por ti. (Redondo 2014: 416)

Partendo da questa citazione sulle streghe è opportuno andare ad analizzare quella parte culturale che gira intorno al passato della Navarra. Storicamente, infatti, la zona in questione è stata tra le più colpite dalla Santa Inquisizione Spagnola. L’uomo che riuscì, in qualche modo, a debellare questa continua caccia fu Don Alonso de Salazar y Frías. Egli fu il primo inquisitore ad applicare un metodo differente durante gli interrogatori e, dopo un viaggio attraverso la Navarra lungo otto mesi, ritornò a Logroño affermando che «non ci furono né stregoni né stregati nel paese fino a che non si cominciò a parlare e a scrivere di loro» (Henningsen 1990: 7). Salazar, quindi, si può considerare il primo inquisitore che basò tutta la propria ricerca sul presupposto scientifico che esiste solo ciò che si può provare e/o documentare:

Salazar non si dava mai per vinto, malgrado le difficoltà e anche l’opposizione delle massime autorità, fossero il re o il papa… Faceva uno studio preliminare delle cause che gli proponevano per difendere solo quelle che considerava giuste… Valorizzava le prove documentali considerando che senza di esse non si poteva andare avanti in alcun processo, il che lo avrebbe condotto in qualche occasione alla ricerca di documenti in archivi (Henningsen 1990: 41).

Non è un caso, perciò, che il cognome della protagonista sia, appunto, Salazar. Questa scelta è importante sicuramente dal punto di vista narrativo per poter sottolineare lo spirito da detective della stessa Amaia (Canu 2021: 157) ma, soprattutto, per il rilievo storico-culturale. Salazar, infatti, fa parte della storia della Navarra e, in questo modo, l’autrice riesce a restituirgli quell’identità che aveva perduto rimanendo secretato all’interno dei vari archivi per tutta la durata dell’Inquisizione.

A proposito delle streghe, appare doveroso notare l’importanza dell’uso dell’euskera nelle varie situazioni in cui vengono menzionate, soprattutto nell’ultimo libro. Un esempio eclatante è la canzone che Flora – la sorella di Amaia – canta al nipotino Ibai:

Sorgina pirulina erratza gainean
ipurdia zikina, kapela buruan.
Sorgina sorgina ipurdia zikina,
tentela zara zu?
Ezetz harrapatu.
La bruja piruja subida a una escoba,
el culo sucio, el capirote en la cabeza.
Bruja, bruja, del culo sucio,
¿eres tonta?
¡A que no me pillas!
(Redondo 2014: 276)

Inoltre, è opportuno evidenziare che la parola in euskera sorgina viene utilizzata – in alternanza con belagile – per sostituire il termine castigliano bruja. Questo, all’interno del romanzo viene notato anche dalla protagonista che, durante il caso della morte di Anne, la sente appellare con il termine belagile:

Belagile. Una bruja. No una adivinadora, ni una curandera. Una mujer poderosa y oscura con un terrible pacto sobre su alma. Una servidora del mal capaz de torcer y retorcer los hechos hasta adaptarlos a su voluntad. Belagile. Hacía años que no le escuchaba así; en euskera moderno se decía sorgin, sorgiña. Belagile era el modo antiguo, el verdadero, el que se refiere a los servidores del maligno. (Redondo 2013a: 207)

È in questo momento che Amaia sente il bisogno di scoprire di più sulla propria cultura, anche attraverso il libro Brujería y brujas di J. M. Barandiaran. Questo elemento può portarci a riflettere sull’importanza che l’autrice dà al contesto in cui si svolge la vicenda. Partendo da personaggi reali, infatti, riesce a unire in maniera ottimale quel confine tra realtà e fantasia, cata­pultando il lettore all’interno delle storie che fanno parte della tradizione dei Paesi Baschi, ma che ancora suscitano curiosità.

L’euskera, inoltre, porta con sé il compito di parlare di tradizioni e formule magiche. Per esempio, quando muore qualcuno, è consuetudine che la etxeko andrea ‘padrona della casa’ vada nel campo in cui si trovano gli alveari per comunicare alle api la perdita subita e la necessità di produrre più cera per le candele, necessarie durante la veglia e il funerale. La comunicazione avviene attraverso questa formula magica:

Erliak, erliak
Gaur il da etxeko nausiya
Erliak, erliak,
Eta bear da elizan argía.
Abejas, abejas.
Hoy ha muerto el amo de la casa.
Abejas, abejas.
Y necesita luz en la iglesia.
(Redondo 2014: 41)

3 Mitologia e noir

L’ultimo argomento di cui tratteremo riguarda l’influenza della mitologia basca; infatti, il modus operandi dell’assassino richiama le figure che ne fanno parte, «por este motivo, resulta necesario comprender qué supone la mitología en la comunidad del valle del Baztán para entender los crimenes» (Ramón 2022: 129) e pertanto entrar a far parte di tutto ciò che riguarda la cultura, la tradizione e il folclore.

Emblema delle credenze popolari sono sicuramente la zia Engrasi – anello di congiunzione tra realtà e mitologia (Canu 2021: 169) e, quindi, tra ciò che sembra e ciò che è in realtà – e Jonan Etxaide – poliziotto, archeologo e antropologo che ricopre il ruolo di braccio destro di Amaia fino alla sua fine. A proposito di Etxaide è interessante notare come il suo cognome riporti al concetto che unisce la tradizione basco – navarra e la scienza:

El apellido de este personaje, cuyo significado etimológico deviene de “etxe” (casa) y “bide” (camino), concretándose en “camino de la casa”, hace referencia también a un baserri (caserío) situado en el municipio navarro de Anué, por lo que supone un primer punto de anclaje entre la tradición mitológica vasco – navarra, la ciencia contemporánea y el camino que las va a conectar. (Ramón 2022: 126)

Questo avvalora ciò che dice Redondo in un’intervista per Antena3:

No sé si hoy en día en el valle de Baztán siguen creyendo en criaturas y seres mitológicos, lo que sí sé es que mucha gente continúa poniendo un eguzkilore en sus puertas para evitar que entren brujas. Lo hacen por creencia o por tradición, pero lo hacen. (Antena3 2013)

Gli esseri mitologici come Basajaun, la dea Mari, Tarttalo e Inguma o i simboli come l’eguzkilore riescono a portare il lettore all’interno di quelle che sono le credenze popolari scatenando, ovviamente, la curiosità verso ciò che non si conosce.

Appare interessante mettere in evidenza che l’autrice fa in modo di spiegare chi sono queste figure o che uso abbiano i vari simboli per mezzo dei personaggi. Questo accade anche per ciò che riguarda il mondo delle streghe in cui, paradossalmente, il nostro Cicerone è il sacerdote Sarasola.

Andando in ordine di apparizione troviamo il Basajaun – parola in euskera che letteralmente significa ‘señor del bosque’ – che viene descritto dalla sorella di Amaia, Rosaura:

—No, no, un basajaun es una criatura real, un homínido que mide unos dos metros y medio de alto, con anchas espaldas, una larga melena y bastante pelo por todo el cuerpo. Habita en los bosques, de los que forma parte y en los que actúa como entidad protectora. Según las leyendas cuida de que el equilibrio del bosque se mantenga intacto. (Redondo 2013a: 124)

Nel secondo libro la figura mitologica a cui si associa il crimine è Tarttalo. Anche in questo caso Redondo fa in modo che sia il personaggio letterario di Etxaide a spiegare il personaggio mitologico:

—Tarttalo, conocido también como Tártaro y como Torto es una figura de la mitología vasco navarra, un cíclope de un solo ojo y gran envergadura, extraordinariamente fuerte y agresivo, que se alimenta de ovejas, doncellas y pastores, aunque también aparece como pastor de sus propios rebaños en algunas referencias, pero de cualquier modo, siempre como devorador de cristianos. […] En el País Vasco tiene una gran importancia entre los antiguos vascones, aunque los datos relativos a su presencia se extienden hasta bien entrado el siglo XX. (Redondo 2013b: 87)

Per ultimo troviamo Inguma, figura mitologica associata al terzo libro. Questo demone è interessante non solo dal punto di vista letterario per lo sviluppo della storia, ma soprattutto perché ci fa rendere conto di quanto i vari popoli del mondo abbiano adottato la stessa idea per poter giustificare eventi della vita che altrimenti sarebbero inspiegabili come, ad esempio, la morte in culla.

—Vaya, es una de las criaturas más antiguas y oscuras de la mitología tradicional, un genio maléfico que aparece de noche en las casas cuando sus moradores se hallan dormidos, estrangula sus cuellos dificultándoles la respiración y causándoles una increíble angustia; se le considera causante de horribles pesadillas, ahogos nocturnos y lo que ahora se conoce como apnea del sueño, un período en el que el durmiente deja de respirar sin causa aparente y vuelve a hacerlo en algunos casos a los pocos segundos, y en otros se prolonga hasta causarles la muerte. […]  por supuesto se le consideraba causante de la muerte súbita de los lactantes mientras dormían. (Redondo 2014: 67)

Redondo, inoltre, ci offre il modo per proteggerci da questa creatura. In questo caso, a differenza dei precedenti, non viene usato l’euskera, ma il castigliano. Questa scelta sembrerebbe voler trasmettere l’universalità della paura che questo demone crea all’umanità e, perciò, dare l’opportunità a chiun­que di sapere come difendersi. Infatti, con questa preziosa formula di sottomissione si costringe il demonio a fare qualcosa che gli occuperà molto tempo.

Inguma, no te temo.
A Dios, a madre María tomó por protectores.
En el cielo estrellas, en la tierra hierbas,
en la costa arenas, hasta haberlas contado todas, no te me presentes. (Redondo 2014: 67)

4 Conclusioni

Sarebbero molti gli aspetti su cui concentrarsi per far capire quanto la cultura e la lingua di Redondo influiscano all’interno delle sue opere e, soprattutto, nella Trilogía del Baztán. In questi pochi esempi citati, però, si è in grado di capire il profondo legame della letteratura con il luogo da cui ha origine. È la stessa autrice ad affermare che tutto ciò che scrive riguarda lei, la sua vita e il mondo mitologico che ha sempre conosciuto, ma è importante mettere in evidenza che il germe dei racconti è un fatto reale. Redondo, in­fatti, porta avanti la storia di una bambina di quattordici mesi, offerta in sacrificio dai suoi genitori poiché membri di una setta.

La spiegazione della mitologia, del folclore, delle tradizioni in questo caso serve per tramandare una storia dimenticata e insabbiata, ma che ha portato alla morte di un’innocente.

Infine, appare opportuno concentrarsi sull’importanza della lingua come riconoscimento della propria identità, l’euskera è protagonista indiscusso della narrazione ed è, inoltre, un prezioso elemento culturale che l’autrice vuole trasmettere ai propri lettori, avvalendosi anche di un mini-glossario alla fine di ogni romanzo.

Le leggende, la mitologia, la cultura di una delle zone più affascinanti della Spagna sono state portate nel mondo, rendendo il Baztán uno dei posti più famosi della letteratura contemporanea.

Bibliografia e sitografia

Alcaraz, Cristina & Silvia Giannangeli (2019). «El fluir de las letras. Literatura como modalidad de promoción turística y turismo como recurso para acercarse a la literatura», Journal of Tourism and Heritage Research 2 (1), 40-53.

Antena3 (2013). «Dolores Redondo: “La mitología puede ser más terrorífica que las historias de vampiros y lobos”», in: <https://www.antena3.com/noticias/cultura/dolores-redondo-mitologia-puede-ser-mas-terrorifica-que-historias-vampiros-lobos_201301155754958d4beb2837bbfed8f6.html>[10.04.2024].

Barandiaran, José Miguel (2012). Brujería y brujas,  Donostia – San Sebastián, Txertoa.

Biblioteca Nacional Mariano Moreno (2017). «Entrevista a Dolores Redondo, Youtube», in: <https://youtu.be/YTSkyUDa9Sc?t=32> [10.04.2024].

Caianiello, Eva & Lourdes Cam (1995). Misteri e magie dei Paesi Baschi, Milano, Arcana Editrice.

Canu, Chiara Petra (2021). Il caso Dolores Redondo: la Trilogía del Baztán, Savona, in Sedicesimo Delfino & Enrile Editori.

Del Castillo, Alicia (2014). El valle prodigioso, una ruta legendaria por el valle de Baztán, Barcelona, Destino.

Fuentes, Eugenio (2015). «El Basajaun, el Tarttalo y la Inguma», in: <https://www.revistadelibros.com/el-basajaun-el-tarttalo-y-la-inguma/> [10.04.2024].

Henningsen, Gustav, (1990). L’avvocato delle streghe: stregoneria basca e inquisizione spagnola. Trad. Gianna Guadalupi, Milano, Garzanti.

Ramón, Emilio (2022). «El guardián invisible, un procedimiento policial femenino científico – mitológico», Hispania 105 (1), 121-134.

Redondo, Dolores (2013a). El guardián invisible, Barcelona, Destino.

Redondo, Dolores (2013b). Legado en los huesos, Barcelona, Destino.

Redondo, Dolores (2014). Ofrenda a la tormenta, Barcelona, Destino.

Rucabado, Beatriz (2014). «La mujer que situó al Baztán en el mundo», in: <https://www.elmundo.es/pais-vasco/2014/12/07/548486c5ca47418a1d8b4571.html> [10.04.2024].

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